Femminicidio / DAntonio (Scelta civica) propone un Centro di ascolto per uomini maltrattanti: la violenza sulle donne è una scelta, non il frutto di una malattia
(PTN) TERNI Il problema del femminicidio va visto da unangolatura diversa, più europea e più moderna. Luomo che compie violenza su una donna non lo fa per malattia ma per scelta consapevole non avendo gli strumenti per capire le conseguenze dei suoi gesti consapevoli. Lo sostiene Massimo dAntonio (Scelta civica) che ha proposto un ordine del giorno finalizzato alla creazione in provincia di Terni di un Centro di ascolto anti violenza per uomini. Sarebbe una struttura allavanguardia spiega dAntonio - sul modello del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (Cam) di Firenze, azione questa che collocherebbe questo territorio all'avanguardia in Italia e in linea con quanto già su queste tematiche avviene in Europa. Il progetto, secondo la proposta del capogruppo di Scelta civica a Palazzo Bazzani individuerebbe la Provincia come ente promotore , attivando le procedure per la creazione del Centro d'intesa con la UslUmbria2 e quei soggetti del terzo settore che si occupano di prevenzione e disagio mentale. Di seguito lordine del giorno presentato: Facendo seguito alla giornata del 25 novembre: "giornata internazionale contro la violenza sulle donne " va detto che il Consiglio dei ministri ha già varato un decreto su femminicidio, stalking e cyberbullismo, dodici norme che hanno tre importanti obiettivi: prevenire la violenza di genere, punire in modo certo e proteggere le vittime. Si tratta di provvedimenti di una certa rilevanza, indice di un coinvolgimento maggiore del governo per il contrasto alla violenza di genere. Questo è sicuramente positivo. Nel decreto però non si trovava alcun riferimento riguardo alla presa in carico degli uomini autori di comportamenti violenti, i cosiddetti "maltrattanti". Si è convinti che, quando si parla di prevenzione della violenza di genere, non sia possibile non occuparci anche degli autori di questa violenza. E importantissimo proteggere le vittime e sostenerle in ogni modo, così come è fondamentale punire il reato, ma si tratta di interventi a posteriori, quando la violenza è già stata commessa o reiterata troppe volte. Esperienze europee di ascolto dimostrano che quando si ha a che fare con uomini che hanno compiuto delle violenze ci si accorga di quanto uno spazio di ascolto possa, in certi casi almeno, essere per loro sufficiente a interrompere quello che tecnicamente viene chiamato agito violento. Non è semplice, non lo è affatto, ma si osserva come molti uomini si impegnino riuscendo a trovare delle modalità comunicative più funzionali che non implichino luso della forza. La differenza la fa semplicemente il volerlo, la motivazione. Si vede molti uomini che riconoscono il problema e chiedono aiuto in proposito. Nessuna formula magica: il lavoro da fare insieme è impegnativo e faticoso, ma può dare dei risultati e il maltrattamento può interrompersi. Molte coppie, anche quando lui ha avuto e/o continua ad avere un comportamento violento, scelgono di rimanere insieme. Ci sono situazioni in cui la donna non se la sente di lasciare il compagno/marito perché ne ha paura, oppure perché non saprebbe come mantenersi economicamente oppure perché è convinta che, lasciandolo, farebbe del male ai loro figli. Ci sono anche situazioni in cui la donna vuole davvero continuare a stare con il proprio uomo nonostante la pericolosità del vivere in un contesto di violenza domestica. E se lui dovesse essere in grado di chiedere un aiuto e un sostegno, questo aiuto e questo sostegno lo deve trovare. Altrimenti parlare di prevenzione risulta essere un semplice slogan privo di contenuto. Fino a quattro anni fa non esisteva niente in proposito, ora ci sono delle realtà che si occupano del problema e, sebbene siamo ancora lontani dal coprire il territorio nazionale, si sono fatti molti passi avanti: linteresse verso il lavoro con questa utenza va crescendo sempre più. Quando si parla di violenza di genere si ritiene fondamentale non occuparsi esclusivamente della violenza degli uomini sulle donne, ma aprire uno spazio di riflessione e di studio anche sulla violenza delle donne sugli uomini. Molti minimizzano il fenomeno o lo ritengono molto meno diffuso rispetto alla violenza maschile. Tuttavia proprio per poterlo affermare con certezza, sono necessari studi che permettano di fornire dati il più corretti e scientifici possibili. Su argomenti così rilevanti non si può discutere di opinioni e impressioni per quanto marcate e fondate queste possano essere. Si deve partire dalla realtà oggettiva e non soggettiva. Per questo, istituire un Osservatorio nazionale in grado di analizzare scientificamente il fenomeno sarebbe dovuto essere un punto al centro del decreto legge contro la violenza di genere. Nel decreto legge viene data corsia preferenziale ai processi per femminicidio: non si nasconde una certa perplessità in proposito. Una morte è una morte: non si può pensare che ci sia un ammazzato di serie A e un ammazzato di serie B. Molte donne sono state uccise per il solo fatto di essere donne e questo va riconosciuto senza esitazione, ma è indice di una società non egalitaria e sofferente, dare una corsia preferenziale a determinate tipologie di reato. Proprio in virtù del principio di parità per cui lottiamo ogni giorno. Va comunque sottolineato che finalmente sono arrivati nel decreto legge due emendamenti che parlano della presa in carico degli uomini autori di violenza, frutto del lavoro del Centro di Ascolto Uomini Maltrattanti (Cam) di Firenze, in squadra con forze politiche territoriali, che hanno saputo valorizzare e capire il senso del lavoro che il Cam porta avanti ormai da quattro anni, come prima realtà italiana a farsi carico del problema, e che quindi lo hanno sostenuto fino al suo approdo in Parlamento. Ecco gli emendamenti che adesso sono legge nel dettaglio: Legge 1079 del 14/10/2013 Allart. 3 5-bis. Quando il questore procede allammonimento ai sensi dellarticolo 8 del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38, come modificato dal presente decreto, e del presente articolo, informa senza indugio lautore del fatto circa i servizi disponibili sul territorio, inclusi i consultori familiari, i servizi di salute mentale e i servizi per le dipendenze, come individuati dal Piano di cui allarticolo 5, finalizzati a intervenire nei confronti degli autori di violenza domestica o di genere. Articolo 5 g) promuovere lo sviluppo e lattivazione, in tutto il territorio nazionale, di azioni, basate su metodologie consolidate e coerenti con linee guida appositamente predisposte, di recupero e di accompagnamento dei soggetti responsabili di atti di violenza nelle relazioni affettive, al fine di favorirne il recupero e di limitare i casi di recidiva. In pratica si evidenzia la necessità di una presa in carico degli uomini autori e perché questa avvenga è altrettanto necessario attivare dei servizi specifici che siano in grado di farlo, attualmente ben lontani dal coprire il territorio nazionale. Si sottolinea come questo non possa avvenire senza fare tesoro di esperienze nazionali e internazionali già avviate, per muoversi su binari affidabili e consolidati, senza inventarsi niente. Soprattutto si utilizza negli articoli un linguaggio nuovo, non si parla di maltrattanti, ma di uomini autori e di soggetti responsabili di atti di violenza perché il maltrattamento non è una malattia o una etichetta. Luomo autore di violenza domestica è responsabile del proprio comportamento violento ed è quello che va condannato e modificato, gli vanno dati gli strumenti perché ne diventi consapevole e responsabile, non le scuse per sentirsi malato o da curare, mettendolo in posizione passiva e assolutoria rispetto al problema. Il proprio comportamento si sceglie. Attualmente si parla molto di violenza di genere, come se ci fossero dei fenomeni in atto che, fino a qualche anno fa, non avevano luogo, mentre sappiamo che il ruolo dei media è stato determinante solo per mettere in luce ciò che già cera, presentandolo però come un qualcosa che è andato crescendo negli ultimi anni, tanto da diventare emergenza. Si pensa che, dietro alla violenza sulle donne, ci debba essere un maschio bruto, aggressivo e malato ed in questo quasi nessun uomo si riconosce, nonostante i dati Istat ci dicano che i maltrattamenti esistono e di conseguenza qualcuno deve metterli in atto. La possibilità di agire dei comportamenti maltrattanti è insita in ognuno di noi, laggressività fa parte della natura umana ed i nostri bisogni non sempre coincidono con quelli degli altri e questo crea inevitabilmente tensioni. Il maschile ha bisogno di difendersi perché si sente attaccato ed attacca a sua volta. Bisogna partire dal presupposto che, se in una relazione uno dei due non si sente libero di esprimersi e nello specifico ha paura di farlo, quella non è una relazione sana. In una relazione sana non esiste la paura dellaltro. Se ho timore di esprimere quel che penso, perché esso verrà svalutato, deriso, non riconosciuto o mi procurerà delle reazioni aggressive fisiche che metteranno in pericolo la mia incolumità è perché questo è successo già altre volte. Sto subendo un comportamento violento. Se invece la paura lavverto nellaltro allora, con ogni probabilità, il mio atteggiamento e/o il mio comportamento sono violenti. E indicativo che molti uomini che chiedono un aiuto per interrompere il comportamento violento lo hanno fatto dopo aver percepita chiara la paura della propria compagna nei loro confronti, questo li ha spiazzati ed impauriti a loro volta, ma anche messi in cammino verso la non derogabile responsabilità del loro agire. Il termine femminicidio richiama quello di genocidio, termine coniato dal giurista polacco Raphael Lemkin per definire la distruzione di un gruppo nazionale o etnico. Veniva creata una parola per racchiudere gli orrori di due delle più grandi stragi della storia recente ossia lOlocausto e il genocidio armeno. Genocidio significa quindi negazione del diritto di un popolo o di un determinato gruppo umano a continuare a vivere. Una negazione da cui segue la repressione e luccisione. Il femminicidio non ha alla base il presupposto di una deliberata e chiara intenzione di eliminare il sesso femminile, sebbene innegabili siano i danni di una cultura maschilista e patriarcale e, in certi contesti, la violenza esercitata dagli uomini sulle donne abbia assunto forme aberranti. Parlando della nostra realtà attuale, in Italia, non possiamo pensare che la quantità di vittime donne sia irrilevante per poter arrivare alla definizione più conosciuta del termine. Nulla si deve togliere allatto in sé, uccidere un essere umano, in questo caso una donna, deve ricevere una condanna unanime in una società civile, non è questo in discussione. Una disamina sul termine femminicidio può essere anche interessante, ma a cosa serve in termini di prevenzione e contrasto al fenomeno? Siamo convinti sia più utile, in questo momento storico, osservare luso del termine e trarne delle serie perplessità. Il numero di donne uccise negli ultimi anni non è variato in modo sostanziale rispetto al passato, ma tutto questo sgomento e scandalo è sorto solo recentemente. A fare la differenza è lattenzione dei media e delle campagne pubblicitarie, il cui interesse, troppo spesso, è volto a giocare con lemotività delle persone annullandone la lucidità. Cosè questo femminicidio o cosa sta diventando se non uno slogan o un marchio in piena concordanza con il modello consumistico? E un prodotto da vendere e come tale viene trattato, ad esempio con la produzione e la diffusione di magliette con scritte come Fermiamo il femminicidio o altri slogan simili. Chi gira con la sua bella maglietta, con il suo bello slogan, con il suo bel gadget poi può tornare a casa certo di aver dato il suo contributo contro la violenza. Chi mai direbbe esplicitamente di essere a favore del maltrattamento e delluccisione delle donne? Sentiamo il bisogno di esplicitare scrivendolo quanto siamo diversi dai cattivi. Noi siamo i buoni: si deve sapere e chi ci sta intorno lo deve riconoscere. Luccisione di una donna esce inevitabilmente fuori dalle mura domestiche e quindi viene scoperta con molta più facilità, mentre la violenza sulle donne è troppo spesso condannata a rimanere intrappolata in quelle stesse mura e quindi a rimanervi nascosta. Un problema serio, drammatico e antico che riguarda i rapporti tra uomini e donne sta diventando, se non lo è già diventato, un prodotto a uso e consumo del modello capitalistico imperante. In questo modo, togliamo la dignità a tutte le donne che hanno subito e stanno subendo violenze e anche a quelle che sono state uccise. Anzi, rinnoviamo sui di loro la violenza, le uccidiamo di nuovo, se tutto si riduce allo slogan. Non ci sono motti, con o senza sorrisi, che possano rendere lidea della violenza subita da una donna, da un uomo, o da un qualsiasi essere umano. E non ci sono slogan che possano far sentire sulla propria pelle la tragedia vissuta da unaltra persona. La disparità di genere, allinterno della società, esiste, polemizziamo quanto vogliamo, ma, se proprio non vogliamo prendere in considerazione tutto il resto, finché una donna di sera non potrà girare per le strade della sua città con la stessa sicurezza di un uomo la disparità cè. Lessere contro la violenza sulle donne ovviamente rientra in una logica sana e funzionale, ancora nessuno ha suscitato un vespaio di polemiche dicendo di essere a favore del maltrattamento domestico, ma essendo in Italia e, stando a tante precedenti poco felici dichiarazioni dei nostri politici, meglio non mettere le mani sul fuoco su niente, ne abbiamo sentite troppe. Ma bisogna andare oltre le parole, belle o brutte che siano. E facile dire: Io sono contro la violenza sulle donne o Gli uomini che commettono violenza sono dei mostri, se ci fermiamo a questo tra cinquantanni saremo sempre a dire queste stesse cose. E tempo di cose più difficili: aiutiamo i ragazzi nelle scuole a confrontarsi sui loro ruoli di genere, sosteniamo e rinforziamo i centri antiviolenza, creiamo nuovi centri per uomini che vogliono interrompere il comportamento violento , studiamo leggi che permettano un accesso paritario al mondo sociale, culturale e lavorativo per uomini e donne dove il genere sia non rilevante, ma lo sia solo la bravura e la competenza. Come uomo non posso essere indignato perché acquisisco una posizione di privilegio, rispetto ad una donna, solo perché uomo? Come uomo non posso essere indignato perché una donna acquisisce una posizione di privilegio, rispetto a me, solo perché donna? Come essere umano non posso essere indignato, se è la mia appartenenza a un sesso o a un altro, a mettere in secondo piano quello che valgo e che so fare? Che non si sappia o non si voglia cogliere la differenza tra repressione e prevenzione, non eliminerà la violenza sulle donne, ma la aggraverà soltanto. Che non si sappia o non si voglia far passare al maschile un messaggio di messa in discussione anziché di accusa, non eliminerà la violenza sulle donne, ma la aggraverà soltanto.
Pubblicato il 27/11/2013