Dal Consiglio / Buconi sul Dap regionale: "Non si abbandoni l'area della provincia di Terni"

 
buconi
(PTN) – TERNI – “La Regione tenga in maggiore conasiderazione l’area della provincia di Terni anche alla luce della riforma che interesserà le Province italiane e che rischia di penalizzare Terni e il suo territorio”. Lo chiede Danilo Buconi in un ordine del giorno sul Dap regionale nel quale sprona l’amministrazione provinciale a chiedere a interessare la Regione per la costiuzione di un tavolo interistituzionale che si occupi del futuro del territorio provinciale ternano. Buconi si dice favorevole ad “riequilibrio dei territori provinciali umbri e al sostegno legislativo, logistico e finanziario alle Unioni di Comuni anche con un progetto riformatore dell’ossatura istituzionale e costituzionale mirante alla definizione delle macroregioni, ponendo l’Umbria in posizione strategica e centrale in questo obiettivo”. Di seguito il testo dell'ordine del giorno: Premesso che: il tema della programmazione regionale per il futuro della nostra Regione e,, soprattutto, dei nostri territori, anche in ragione del fatto che – per scelte poco complementari alla democrazia e al diritto dei cittadini a giudicare e scegliere attraverso il voto da chi farsi rappresentare nei vari livelli istituzionali - a decorrere dal prossimo mese di giugno il livello istituzionale intermedio delle Province verrà a scomparire, appare argomento di particolare importanza e di fondamentale impegno di tutte le istituzioni regionali elettive, a partire proprio dalle Province in quanto enti di area vasta e per questo capaci di organizzare ed uniformare le scelte politiche, istituzionali, sociali ed economiche su scala più ampia rispetto a quella dei Comuni; la particolare crisi economica, che diventa ogni giorno di più “crisi sociale” per migliaia di aziende e per milioni di famiglie, richiede la definizione e la costruzione di un piano di interventi mirato, fatto di scelte politiche concrete e lungimiranti, in particolare volto a far valere di più e meglio il ruolo dell’Italia in Europa, soprattutto a partire dalla necessità irrinunciabile di ridefinire il patto di stabilità europea attraverso scelte e strumenti in grado di intervenire sugli investimenti in conto capitale (legandoli alla riduzione programmata delle spese ordinarie) e di salvaguardare gli investimenti finalizzati al lavoro e allo sviluppo rispetto a quelli meramente finanziari e speculativi, sul finanziamento di progetti industriali innovativi in grado di creare nuove opportunità di lavoro a partire dall’economia verde, dall’ambiente, dal consolidamento idro-geologico-sismico del territorio, dall’istruzione, dalla cultura, dal miglioramento e potenziamento delle dotazioni infrastrutturali, siano esse tecnologiche oppure a rete; all’interno di questo processo, determinate deve essere il ruolo delle Regioni – anche in qualità di portavoci delle istanze provenienti dalle autonomie locali e delle problematiche che si evidenziano nei territori, accompagnato ad una nuova progettualità d’intenti e di crescita in grado di rappresentare risultati positivi non solo per le regioni proponenti ma per il bene comune dell’intera comunità nazionale; ancor più fondamentale appare il fatto che la Regione Umbria, proprio per il ruolo storico, sociale e culturale che ha sempre rivestito in passato e riveste tutt’oggi, deve pretendere dalle sue massime assise regionali (Consiglio e Giunta) un nuovo progetto di crescita, ideale, sociale e culturale prima ancora che economica, finalizzato non solo a migliorare le condizioni di vita delle sue genti e dei suoi territori ma a fare “da scuola” a tutto il resto del Paese, a partire dalle regioni dell’Italia centrale – che vanno coinvolte e consultate nelle scelte interne – al fine di fare del “centro-Italia” un luogo e un laboratorio di cerniera sociale, economica e culturale tra le due grandi aree del Paese rappresentate dal Nord e dal Sud; Considerato che: la programmazione istituzionale regionale, così come nota fino ad oggi, seppur considerando apprezzabili i parziali sforzi messi in campo, non è riuscita ad arginare l’emorragia di investimenti occupazionali e di posti di lavoro derivante dalla crisi nazionale ed internazionale (con la conseguenza di numerose realtà industriali regionali – e relativi territori - in profonda crisi economica e occupazionale), non è riuscita a garantire un eguale potenziale di sviluppo per le varie aree di cui si compone (partendo magari proprio delle potenzialità positive, anche di natura ambientale e paesaggistica, espressi dagli stessi territori), non ha sufficientemente esplicitato e risolto i temi legati all’organizzazione sanitaria e sociale sui territori - a partire dalle strutture ospedaliere e dai servizi di base territoriali -, non ha dimostrato di avere idee chiare e positive rispetto al futuro dei collegamenti, in particolare ferroviari ma anche stradali, sia al proprio interno che nel rapporto con i territori e con le regioni di confine; l’istituzione Regione dell’Umbria – seppur più volte sollecitata anche dalla nostra Provincia – non ha saputo porre in essere un serio progetto di riequilibrio dei territori provinciali, anche attraverso una riconduzione in capo agli enti elettivi delle competenze e prerogative oggi assegnate ad enti ed agenzie di secondo livello (non elettivi ma di pura nomina politica), rinunciando di fatto ad una maggiore compartecipazione dei cittadini alle scelte e aderendo meglio alle sollecitazioni del capoluogo più importante sul piano politico rispetto alle legittime richieste di giusta considerazione provincia ternana, chiudendola a qualsiasi giusta ambizione di apertura verso i territori confinanti di Lazio e Toscana, a qualsiasi ipotesi di miglioramento dei collegamenti tra il Tirreno e l’Adriatico e relegando i territori marginali della Provincia di Terni ad un ruolo infinitesimale e di mera spicciola rappresentanza; sul fronte economico legato all’industria, al commercio, all’artigianato, all’agricoltura, alle produzioni tipiche e locali di qualità, nessuna azione concreta è stata messa in campo sul fronte della tenuta del patrimonio industriale regionale (sia storico che innovativo), nessuna azione è stato posta in essere al fine di ridurre l’impatto negativo della liberalizzazione delle strutture e degli orari del commercio rispetto alle esigenze di sostegno alla piccola e media impresa, attanagliate da un lato dalla crisi economica delle famiglie e, dall’altro, dal predominio indiscusso e incontrollato della grande distribuzione organizzata, così come nessuna azione è stata messa in campo per favorire le produzioni tipiche di qualità sostenendo le aziende e la filiera di settore, il tutto aggravando ulteriormente lo stato di crisi dell’economia tipica locale; ancora sul fronte economico e sociale, si nota nelle scelte di programmazione della regione la previsione di un innalzamento della pressione fiscale regionale che non potrà che tendere ad aggravare la situazione economica di famiglie e imprese, aumentando l’indice di disagio sociale e aggravando ulteriormente la crisi del settore commerciale locale; in tema di trasporti su ferro, oltre a non aver considerato le richieste, le necessità e le problematiche relative al trasporto ferroviario pendolare che quotidianamente si sposta per lavoro e studio da un capo all’altro della regione e fuori regione, nessuna istanza positiva si è notata sia sul fronte della definizione di una linea circolare di trasporto ferroviario sull’asse Perugia – Terontola – Chiusi – Orvieto – Orte – Terni – Spoleto – Perugia e viceversa, sia in tema di collegamento del trasporto locale alle direttrici Roma -.Firenze (con possibile polo di interscambio con l’alta velocità nella stazione di Terontola-Cortona) e Roma – Ancona; in tema di trasporto su gomma, appare a tutt’oggi in apparente stato di confusione il sistema di amministrazione e funzionamento dell’azienda unica regionale, con forti e pesanti ricadute negative sia sui lavoratori che sui cittadini tutti; in tema di politiche abitative, nulla è stato fatto per ridurre il ricorso agli affitti promuovendo politiche attive per la casa volte a sostenere e sollecitare – attraverso un piano casa regionale – l’acquisto della casa di proprietà, sia sostenendo la ristrutturazione a fini abitativi del patrimonio esistente, sia sostenendo la costruzione di iniziativa privata di nuovi alloggi, sollecitando basse volumetrie e risparmio energetico; Impegna il Presidente e la Giunta: - a fare propria l’esigenza di richiamare il Presidente e la Giunta regionale ad addivenire alle determinazioni riguardanti la programmazione futura della nostra regione secondo principi di parità e di pari opportunità che abbiano a valere per l’intero territorio regionale, avendo cura di salvaguardare ancor più le realtà fino ad ora meno tenute in considerazione, in particolare quelle marginali delle due province e di quella ternana in particolare; - a chiedere al Presidente della Giunta regionale di convocare immediatamente, e comunque entro i termini di approvazione dei bilanci preventivi degli enti locali (28 febbraio 2014), un tavolo istituzionale aperto ai Presidenti di Province e ai Sindaci – sentite le organizzazioni di categoria dei lavoratori, dell’industria, del commercio e dell’artigianato nonché dalla forza lavoro del pubblico impiego in tutte le sue accezioni regionali - con l’obiettivo di raccogliere le sensibilizzazioni e le necessità infrastrutturali, economiche e sociali provenienti dai territori – anche in considerazione dello scioglimento definitivo di Giunte e Consigli provinciali contenuto nella Legge di Stabilità 2014 ed al fine di addivenire ad una programmazione delle scelte e degli interventi necessari a garantire all’intero territorio regionale un futuro dignitoso e di solidità economica, sociale e culturale; - a farsi portavoce, presso la Giunta ed il Consiglio regionale, della necessità di ricondurre compiti e attribuzioni oggi riconosciuti ad enti ed agenzie di secondo livello, in capo agli enti elettivi di area vasta, anche attraverso un impegno concreto nella direzione del riequilibrio dei territori provinciali umbri e del sostegno legislativo, logistico e finanziario alle Unioni di Comuni anche facendoci promotrice di un progetto riformatore dell’ossatura istituzionale e costituzionale mirante alla definizione delle Macroregioni, ponendo l’Umbria in posizione strategica e centrale in questo obiettivo; - a farsi promotori presso la Regione Umbria della necessità di definire un nuovo progetto di sviluppo pluriennale della nostra Regione che, partendo dal sostegno alle fasce di popolazione più deboli, alle aree più marginali rispetto ai nuclei delle realtà provinciali e comunali, ai settori industriali, artigianali e commerciali in maggiore difficoltà in rapporto all’attuale congiuntura economica e sociale, individui quelle scelte legislative, operative e politico-istituzionali utile ad un rinnovato modello di sviluppo economico fondato sull’istruzione e sulla formazione di qualità, sulla crescita industriale tecnologicamente avanzata e legata alla green economy ed alla crescita sostenibile, alle produzioni tipiche e di qualità proprie del tessuto regionale umbro, sostenendo le aziende locali, tipiche e storiche di fronte al processo di liberalizzazione in atto promosso dal decreto cosiddetto “Salva-Italia”, anche rilanciando il sistema dei consumi interni attraverso il contenimento della pressione fiscale regionale e la riduzione progressiva dell’imposta regionale sulle attività produttive; - a sensibilizzare il Presidente e la Giunta regionale circa la necessità di aprire la nostra Regione verso i territori confinanti di Lazio e Toscana, potenziando i collegamenti ferroviari destinati al trasporto pendolare quotidiano ed interagendo questi ultimi con la rete Alta Velocità Roma-Milano e con la rete Roma-Ancona nonché l’interscambio ferro-gomma in ambito pubblico (anche meglio perfezionando amministrazione, programmazione e gestione dell’azienda Umbria Mobilità) e addivenendo alla definizione complessiva dei collegamenti dell’area ternana con Civitavecchia; - a stimolare la definizione di nuove politiche abitative che, muovendo dal recupero del patrimonio edilizio esistente (con particolare riguardo ai centri storici), dalla riduzione delle volumetrie tipiche e dal potenziamento delle progettazioni a basso impatto energetico, trasformino l’elargizione a pioggia di contributi agli affitti in assegnazione di incentivi – legati al reddito degli interessati – volti alla scelta dell’abitazione di proprietà in luogo dell’alloggio in locazione.
 

 
Pubblicato il 30/01/2014

 

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