Parte prima

 

di Renato Covino

1. C’è un elemento evidente nella vicenda ternana degli ultimi 130 anni, tanto evidente da divenire una sorta di luogo comune, una banalità. Esso è costituito dal peso che l’industria assume nel contesto urbano, dal fatto che soprattutto la grande industria siderurgica determina i tempi, i ritmi, le cadenze della vita quotidiana della città, esso è costituito da un processo di espansione dei campi di attività dell’impresa che porta, progressivamente, a trasformare Terni in una “fabbrica totale”, in una città fabbrica, dove impresa e lavoratori costituiscono i poli di una dialettica in cui i vecchi ceti urbani tradizionali vengono spinti ai margini. Ma c’è nella vicenda ternana anche un’altra evidenza che riguarda il movimento dei lavoratori, le organizzazioni sindacali. In questo caso emerge il peso determinante, l’egemonia culturale dei metallurgici e dei meccanici, il loro essere il comparto più solido della classe operaia della città, coloro che segnano all’interno del mondo sindacale la presenza più significativa, marcando una reale e duratura egemonia. In tal senso è possibile affermare che la storia del movimento dei lavoratori ternani è soprattutto storia dei metallurgici ternani, delle loro organizzazioni, delle loro contraddizioni e divisioni interne, dell’articolarsi del conflitto con la grande impresa, non fosse altro per il peso che essa assume nella storia economica nazionale, ma anche e soprattutto nella complessiva vicenda di Terni.

Insomma, i cicli della storia cittadina si dipanano lungo un filo rosso che è costituito dalle fortune o dalla decadenza della Società Terni e dell’Acciaieria. Ciò – può apparire paradossale – è vero anche oggi, in una fase in cui la nuova proprietà delle Acciaierie mantiene un atteggiamento defilato nei confronti della vicenda urbana, quando sembrano profilarsi nuovi potentati economici che appaiono destinati a ereditarne il ruolo, nel momento in cui il peso del comparto industriale nella vita economica della città sembra essersi irreversibilmente ridotto e con esso la presenza dei lavoratori. Malgrado ciò Terni rimane una città fondamentalmente industriale, non ha seguito la sorte di Piombino e La Spezia, cioè delle altre due città che agli inizi del Novecento le si affiancarono nella crescita di peso nella gerarchia delle città italiane dovuta all’insediamento della grande impresa. Se si guarda al peso dell’occupazione delle Acciaierie si scopre come esso sia ancora determinante e come segni ancora la composizione sociale e l’avvenire economico di Terni.

Questo duplice registro, la dialettica fabbrica-città e quella metallurgici-Acciaierie, connota la stessa vicenda dell’organizzazione sindacale ternana e in particolare quella della FIOM. Si tratta di una processo storico tutt’altro che rettilineo all’interno della quale emergono fasi e articolazioni diverse che sono caratterizzate da culture diffuse frutto delle forme dell’organizzazione del lavoro e della produzione e della posizione che all’interno dell’azienda assumono i lavoratori.

 
 
 

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