Un sacrificio di Cristo nella Divina Commedia
di Raffaele Tamiozzo
Nella primavera dell'anno seguente, e precisamente nel mese di maggio, nasceva Dante, il quale nel settimo canto del Paradiso così efficacemente e poeticamente sintetizza l'essenza del sacrificio del Cristo:
«....onde l'umana specie inferma giacque
giù per secoli molti in grande errore,
fin ch'al Verbo di Dio discender piacque
u'la natura, che dal suo fattore
s’era allungata, unì a sé in persona
con l'atto sol del suo eterno amore.
....
Questa natura al fattore unita,
qual fu creata, fu sincera e buona;
ma per se stessa fu ella sbandita
di paradiso, però che si torse
da via di verità e da sua vita.
La pena dunque che la croce porse
s'a la natura assunta si misura
nulla già mai sì giustamente morse;
e così nulla fu di tanta ingiura,
guardando alla persona che sofferse,
in che era contratta tal natura....»
(w. 28-45)
Dopo il peccato originale la specie umana rimase privata dei doni soprannaturali e vulnerata in naturalibus, cioè corrotta nelle stesse facoltà inerenti alla natura umana, fini al momento in cui piacque alla Seconda Persona della Trinità di scendere sulla terra per redimere l'uomo e sulla terra incarnandosi per la sola virtù dello Spirito Santo, congiunse a sé in unità di persona la natura umana che per il peccato si era allontanata (allungata) dal suo Creatore; la natura umana, che nella persona di Gesù si unì a Dio, fu sincera e buona, senza macchia di peccato, pura perfetta,quale fu creata da Dio nel primo uomo; ma, in quanto natura umana e per sua colpa (per se stessa) fu scacciata dal Paradiso per aver deviato dalla strada della verità e da Dio che era la sua vita. Cristo anche in quanto uomo, era innocente e mondo della colpa di Adamo; ma la natura umana da lui assunta, come tale, era pur quella che aveva suscitato lo sdegno di Dio e doveva essere punita per riscattarsi; se pertanto la pena della croce viene valutata, misurata, con riferimento alla natura umana assunta dal Verbo nella persona di Gesù, nessuna pena fu mai più giusta e proporzionata alla gravità della colpa; ma nessuna d'altra parte fu mai più ingiusta (di tanta ingiura ) se si considera la persona di Cristo che la patì, nella quale persona la natura umana si era intimamente congiunta, unita (contratta) a quella divina.
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