Oltre i catasti: altre fonti per lo studio del paesaggio ternano in età moderna

 

di Augusto Ciuffetti

Il catasto non costituisce la sola fonte per lo studio del paesaggio agrario. Altri documenti cartografici possono essere utilizzati per individuare gli elementi che caratterizzano nel tempo un territorio.
Uno degli strumenti più importanti per la definizione della proprietà terriera prima dell’affermazione del catasto geometrico particellare, di cui ne anticipa l’impostazione scientifica, è il cabreo, registro “figurato” dei possedimenti fondiari di un singolo proprietario [xi] . Se le ragioni del catasto risiedono nella necessità pubblica di un’equa imposizione fiscale, alla base del cabreo troviamo altre motivazioni. In primo luogo, l’esigenza privata di una famiglia nobile o di un ente ecclesiastico di conoscere con esattezza i propri possedimenti, la loro estensione e i relativi confini, per ribadirne la proprietà di fronte a liti o divisioni ereditarie. In secondo luogo, la necessità di completare inventari e atti notarili con un corredo iconografico, utile per la gestione stessa delle proprietà e per determinare le modifiche da apportare all’assetto del territorio [xii] . I cabrei si diffondono tra il XVIII e il XIX secolo, quando la definitiva affermazione del catasto rende inutile la loro realizzazione, fatta eccezione per le commende degli ordini cavallereschi e religiosi, per i quali il cabreo continua ad avere una sua funzionalità, come inventario dei beni nel momento di passaggio delle consegne. Le relative mappe, che affiancano l’apparato descrittivo dei beni, costituiscono una felice sintesi di conoscenze agrimensorie, indispensabili per l’esatta misurazione dei possedimenti, e di abilità pittoriche e cartografiche, utili per una fedele riproduzione delle proprietà, con relative colture, strade ed edifici, in grado di far percepire le forme di organizzazione della campagna. L’agrimensore riproduce, così, a colori, generalmente ad acquarello, i diversi terreni, rispettando le regole della geometria piana. Ne scaturisce un paesaggio raffigurato in maniera schematica, anche se non si rinuncia a fornirne una descrizione minuziosa; ma l’espressione artistica resta inevitabilmente chiusa all’interno di una rigida rappresentazione oggettiva. Nonostante ciò, l’inserimento di elementi decorativi e figurativi legati al gusto del naturalismo, altera il carattere prettamente scientifico del cabreo. Si adottano così precisi simboli, che rendono la rappresentazione più ricca ed efficace, per indicare le colture arboree di maggior valore, come l’olivo, la vite, il gelso o gli alberi da frutto, ma anche simboli zoomorfi come cinghiali e cervi, per indicare le aree boschive destinate a riserva di caccia [xiii] .
In riferimento all’Umbria meridionale uno dei cabrei privati di maggior valore  è quello della prima metà dell’Ottocento, dove sono registrate le proprietà dei Pianciani, importante famiglia nobile spoletina, che fino al XIX secolo possiede numerose tenute nel territorio ternano [xiv] . Nelle mappe, realizzate ad acquarello, sono riportati gli appezzamenti divisi per vocaboli o località, e sono chiaramente rappresentati i generi di coltivazione. Allo stesso modo, sono riportate le case coloniche, le strade, i fiumi e i canali, i confini e i nomi dei proprietari confinanti. Ai margini delle mappe, all’interno di rappresentazioni di monumenti, paesaggi e decorazioni, che si richiamano al gusto esotico o a quello del rovinismo tipici dell’epoca, sono riportati i punti cardinali e la scala.
Al di là della parte descrittiva del registro, dove sono indicati i terreni, con il vocabolo, il genere di coltivazione, la giacitura e la misura dei terreni stessi, le mappe del cabreo consentono di approfondire la conoscenza del paesaggio in riferimento a settori specifici del territorio ternano. Di particolare interesse sono quelle che riguardano Piediluco e il suo lago, che evidenziano l’assetto dato, nella prima metà dell’Ottocento, a questa porzione di territorio.
Particolarmente ricco di cabrei è il territorio orvietano, da quelli descrittivi del XVII secolo a quelli corredati di mappe e piante del secolo successivo, conservati nella Biblioteca comunale e negli archivi dell’Opera del Duomo e della Sezione di Archivio di Stato di Orvieto. Si tratta di cabrei o catasti di singole famiglie nobili, come quello dei Pollidori del 1607 conservato nella Sezione di Archivio di Stato o di enti religiosi (Opera del Duomo, conventi e monasteri, congregazioni) [xv] .
Un esempio di catasto seicentesco è quello della Sacra Religione Gerosolimitana di San Giovanni di Orvieto, fatto nel 1645, ma copiato ed aggiornato nel 1699, conservato nella Biblioteca comunale [xvi] . Le relative mappe sono poco curate dal punto di vista figurativo, ma sono corredate da un apparato descrittivo con l’esatta estensione degli appezzamenti. Un esempio di queste mappe è la tavola nella quale è riprodotto il podere denominato “Casa del Pellaio”; le indicazioni riguardano esclusivamente l’estensione territoriale del podere, con relativi confini e strade. Al centro della tavola è messa in evidenza, ma con un tratto approssimativo e alquanto schematico, la casa colonica. Con precisione sono indicati soltanto gli appezzamenti destinati al prato e alla coltivazione della canapa. Elemento, quest’ultimo, ricorrente in molti cabrei, che insieme ai vigneti caratterizza in maniera forte il paesaggio di Orvieto e di tutta la valle del fiume Paglia [xvii] .
I vigneti e le “canapule” o “canapine”, che sono alla base delle principali forme di pluriattività (tessitura domestica e lavorazione delle corde) tipiche dell’economia rurale dell’età moderna, sono i protagonisti di una tavola di un altro importante cabreo del 1723, nel quale sono riportate le proprietà del Convento di Sant’Agostino di Orvieto [xviii] . Si tratta di un cabreo più avanzato del precedente dal punto di vista grafico. Oltre ai terreni indicati, nel cartiglio in alto a sinistra, come “canepule avanti l’osteria del ponte”, anche negli altri appezzamenti del podere del Fornello predominano gli elementi tipici del paesaggio della valle del Paglia: i vigneti, gli oliveti, i campi utilizzati per la coltivazione della canapa ed infine, le aree occupate dai canneti e dall’alveo del fiume. Ulteriori aspetti del paesaggio rurale e dell’organizzazione agraria dell’orvietano (presenza di terreni arborati e di macchie, coltivazione specializzata della vite), ricorrono in altre tavole dello stesso cabreo.
Altre importanti fonti per lo studio del paesaggio sono le mappe e le piante prodotte, a partire dal XVII secolo, su incarico di singole comunità o di privati, per risolvere liti di confine o per realizzare opere come strade, canali e argini, o ancora, per procedere alla bonifica di singoli territori o per fissare i nuovi limiti delle proprietà in occasione di inondazioni che modificano il corso dei fiumi. Del resto, le acque e i boschi, importanti risorse economiche in termini energetici, nel corso dell’età moderna sono spesso oggetto di rappresentazione cartografica, per evidenti necessità di controllo e di gestione del territorio. Le sistemazioni idrauliche e l’uso comunitario delle risorse boschive, minate dai dissodamenti e dai disboscamenti, cause di frane e alluvioni, sono i termini entro i quali si sviluppa, nel lungo periodo, la politica di difesa del territorio stesso [xix] .
Dal punto di vista tecnico e cartografico queste mappe sono simili a quelle dei cabrei e come questi ultimi, consentono di leggere, attraverso una ideale lente d’ingrandimento, le caratteristiche essenziali di limitate porzioni di spazi, il cui paesaggio è indicativo di ambiti di territoriali più ampi.
Si è detto come per tutta l’età moderna la rappresentazione dello spazio e in particolare delle città avvenga attraverso immagini a volo d’uccello. Oltre all’abitato, in queste immagini viene generalmente rappresentato anche il territorio nelle immediate vicinanze della città. Si tratta dello spazio all’interno del quale si colloca, in posizione dominante, il centro cittadino, che “ordina” e controlla l’area posta al di fuori delle mura. Queste carte, dal carattere vedutistico e descrittivo, che nel XIX secolo cedono progressivamente il passo alla rappresentazione planimetrica, sono delle fonti insostituibili per la lettura del paesaggio che circonda la città e per coglierne le trasformazioni per effetto dell’espansione della stessa [xx] .
In questo senso, le mappe e le carte che raffigurano Terni, in considerazione del rapido sviluppo industriale della città di fine Ottocento, sono di grande interesse. In poco tempo, infatti, la città, da piccolo centro dalle caratteristiche essenzialmente rurali, si trasforma in un importante polo produttivo, con profonde ripercussioni sugli assetti del territorio. Il paesaggio della città e delle campagne circostanti è definitivamente trasformato, per effetto dell’insediamento industriale [xxi] . Per avere l’esatta percezione delle alterazioni intervenute, è sufficiente confrontare la carta nella quale Pierre Mortier rappresenta Terni e il suo territorio nella seconda metà del Seicento, con una corografia dei dintorni di Terni della fine dell’Ottocento.
Quest’ultima è la prima di altre mappe prodotte dall’Ufficio cartografico della Società Terni durante il Novecento, il cui archivio, depositato presso l’Archivio di Stato di Terni, conserva documenti fondamentali per ricostruire le trasformazioni della città e del suo territorio per effetto dell’industrializzazione [xxii] . Per la conoscenza storica del paesaggio, infatti, oltre a catasti e cabrei, si può fare riferimento ad una vasta produzione di disegni “tecnici”, riguardante la realizzazione di infrastrutture o grandi opere urbanistiche ed industriali, conservata nell’Archivio Storico del Comune di Terni e in quelli delle maggiori aziende cittadine [xxiii] .
Mortier ci offre l’immagine di una città in perfetta sintonia con la campagna circostante che, con orti e giardini, secondo un modello tipico dei centri abitati preindustriali [xxiv] , penetra all’interno delle mura cittadine. L’intero territorio risulta ben coltivato ed ordinato, solcato da numerosi fiumi e canali. L’immagine è quella tipica di una città di ancien régime, dall’economia prettamente rurale, che ricorre in tutte le stampe prodotte durante l’età moderna riguardanti Terni [xxv] . La stessa immagine è offerta anche dalla veduta di Terni, della seconda metà del Seicento, affrescata nel palazzo del Vescovado della città. Il pittore colloca Terni all’interno di un paesaggio agrario fortemente caratterizzato dall’alberata, che occupa tutti gli spazi disponibili tra le mura cittadine e le vicine colline.
Nella corografia del 1898 l’intero paesaggio della conca ternana e di parte della Valnerina è ormai caratterizzato dalla presenza del polo industriale, della rete ferroviaria e dei numerosi canali che alimentano le fabbriche. Emblematicamente, l’area occupata dalle industrie è maggiore di quella che racchiude il centro cittadino, che non ha ancora perso la sua configurazione medievale.

[xi] In riferimento all’Umbria, anche se mancano indicazioni sull’area ternana, si veda Renato Covino, L’area umbra, in Cabrei e catasti fra i secoli XVI e XIX, in Storia d’Italia, vol. VI, Atlante, cit., pp. 594-605.
[xii] Carla Migliorati, La committenza e la problematica originaria della cartografia sulle acque, in L’Umbria e le sue acque, cit., pp. 88-112.
[xiii] Paola Sereno, La rappresentazione dello spazio urbano e rurale, cit., pp. 20-25. Si veda anche Marco Moroni, Cabrei e paesaggio agrario: valori e limiti di una fonte, in “Proposte e ricerche”, n. 9, 1982, pp. 5-9.
[xiv] Sezione di Archivio di Stato di Spoleto, Archivio Pianciani, Cabreo delli beni si rustici, che urbani spettanti a sua eccellenza il sig. conte Vincenzo Pianciani situati nelli territori di Labro, Buonacquisto, Isola Polvese, Maggione, Pie’ di Luco, Miranda e Castel del Lago delineati da me infrascritto geometra d’ordine della sullodata eccellenza sua riportando in ciascun territorio l’indice distinto de’ respettivi appezzamenti, ed in fine un ristretto generale delli medesimi.
[xv] Per una rassegna completa si rimanda ad Alberto Satolli, La proprietà come rappresentazione nei cabrei settecenteschi orvietani, cit., pp. 3-70.
[xvi] Biblioteca comunale “L. Fumi” di Orvieto, Cabreo, o vero Catasto delli Beni stabili della Sacra Religione Gerosolimitana di Santo Giovanni d’Orvieto […], fatto l’Anno del Sig.re 1645 e copiato l’anno 1699 in Firenze, mss. cart. n. 58, cc. 24.
[xvii] Si veda Alberto Satolli, La proprietà come rappresentazione nei cabrei settecenteschi orvietani, cit., pp. 54-57.
[xviii] Archivio dell’Opera del Duomo di Orvieto, Campione dell’ven: Convento di S. Agostino di Orvieto, 1724.
[xix] Carla Migliorati, Il controllo delle acque nella cartografia tra XVI e XIX secolo, in L’Umbria e le sue acque, cit., pp. 99-112; Id., Acque e pianure nell’esperienza della società umbra, in Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi. L’Umbria, cit., pp. 261-283; Paola Sereno, La rappresentazione dello spazio urbano e rurale, cit., p. 25.
[xx] Ivi, pp. 19-20.
[xxi] Su questi temi, si veda Augusto Ciuffetti e Monica Giansanti, Le Acciaierie e l’impatto ambientale (1880-1940), in Le Acciaierie di Terni, a cura di Renato Covino e Gino Papuli, Milano, Electa/Editori Umbri Associati, 1998, pp. 349-370.
[xxii] Michele Giorgini, La rivincita dell’immagine antica: il ritrovamento di una veduta inedita di Terni, in “Passaggi”, n. 3, 1989, p. 54.
[xxiii] A questo tipo di fonti si fa riferimento in Giovanni Romano, Iconografia e riconoscibilità, in Il disegno del paesaggio italiano, cit., pp. 25-27. Per una rassegna di questi progetti, per Terni, si veda Maria Rosaria Porcaro e Pasquale Pentasuglia, Tessuto urbano, equilibri territoriali e industria a Terni nella seconda metà dell’Ottocento. Schede monografiche sulla città e sul territorio, Terni, Provincia di Terni/Editoriale Umbra, 1986.
[xxiv] Questa immagine di città, con significativi riferimenti anche alla rete idrica, si percepisce, come già ricordato, anche nelle mappe del catasto gregoriano riguardanti il centro urbano. Al riguardo si veda Paolo Buonora, Il sistema idraulico delle città umbre nel catasto gregoriano, cit., pp. 303-305.
[xxv] Per una completa rassegna delle immagini di Terni in età moderna, oltre a Michele Giorgini, La rivincita dell’immagine antica, cit., pp. 34-58, si veda anche il saggio di Alberto Teofoli, L’ambiente in una stampa del Seicento, in Storia illustrata delle città dell’Umbria, a cura di Raffaele Rossi, Terni, a cura di Michele Giorgini, Milano, Sellino, 1993, tomo I, pp.159-169.

 
 
 

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