Una nuova immagine di Carsulae

 
 

Dalla rivista "Ingenium", anno XV, n. 60, ottobre-dicembre 2004, pp. 14-17

di Paolo Renzi


Gli scavi
Poco più di mezzo secolo fa iniziava una delle maggiori avventure dell'archeologia italiana del XX sec.: il dissotterramento dell'antica città romana di Carsulae, il cui nome e la cui localizzazione erano rimasti sempre vivi nella tradizione, tanto che all'inizio del Trecento si andò a cercare tra le sue rovine marmi pregiati per edificare la Cattedrale di Orvieto, ed alla fine del Cinquecento la famiglia Cesi promosse scavi alla ricerca di materiali antichi per arricchire la propria collezione antiquaria. Nel Palazzo romano di tale famiglia, in Via della Maschera d'Oro, è conservato un interessante affresco che illustra la situazione dell'area archeologica a quella data. Fu poi la volta di papa Pio VI, nel 1783, a promuovere una nuova stagione di ricerche per arricchire le collezioni dei Musei Vaticani. Dal 1951 al 1972, sotto la direzione di Umberto Ciotti, dal 1964 primo Soprintendente della neonata Soprintendenza Archeologica dell'Umbria, fu portata avanti una massiccia campagna di scavi atta a verificare quanto fosse conservato dell'antica città. Prima di allora l'area era adibita a pascolo: gli unici edifici antichi visibili erano la medievale chiesa di S. Damiano ed il grande arco che da essa prese il nome, nonché una casetta di contadini che riutilizzava una cisterna romana modificata in epoca medievale. Tuttavia i sopralluoghi sul terreno operati agli inizi del '900 da Luigi Lanzi, cui si deve la delimitazione e la demaniazione dell'area archeologica, e quindi nel 1938 da Giovanni Becatti, accertarono la presenza di una realtà urbana piuttosto ricca ed articolata. La situazione del sito prima degli scavi governativi è visibile nella foto aerea scattata dai ricognitori della RAF durante l'ultima guerra mondiale.
Gli scavi diretti da Ciotti, i quali si concentrarono su quelle zone che sembravano essere le più appetibili dal punto di vista della monumentalità degli edifici e conseguentemente della qualità dei reperti, furono condotti con metodi attualmente inaccettabili. Si trattò fondamentalmente di massicci sbancamenti realizzati senza operare alcun tipo di rilievo stratigrafico, essenzialmente da manodopera non specializzata, per di più spesso coordinata non da archeologi professionisti, ma da semplici, per quanto "esperti", aiutanti di campo del responsabile. I materiali "minori" e minuti furono recuperati da successivi interventi di vaglio della terra di risulta, dopo che questa era stata ammucchiata ai margini dell'area, senza pertanto tener conto del luogo di provenienza. Purtroppo il procedimento adottato ha in buona parte vanificato la possibilità di lettura scientifica dei reperti rinvenuti e, conseguentemente, dell'intero contesto archeologico.
La stessa pubblicazione dei dati di scavo risulta insoddisfacente: qualche elemento in più potrebbe giungere dalla divulgazione dei documenti concernenti Carsulae presenti nell'archivio privato di Ciotti, recentemente donato dai figli dell'archeologo all'Accademia Etrusca di Cortona. Discutibili anche alcune delle invasive ricostruzioni edilizie operate in seguito, non pure e semplici anastilosi, ma anche libere interpretazioni, quanto meno nelle proporzioni degli alzati, nonché gli stessi materiali adottati nelle integrazioni, quali cemento e laterizi moderni a vista, assolutamente non rispettosi del contesto.

La città
Carsulae è menzionata per la prima volta da Strabone, alla fine del I sec. a.C., tra i centri più importanti lungo la Via Flaminia. Probabilmente fu in seguito all'apertura di tale arteria, intorno al 220 a.C., che le popolazioni umbre, già stanziate nei muniti insediamenti della montagna di Cesi, si trasferirono a valle per poter godere delle nuove opportunità economiche offerte dalla strada consolare. Le scarse fonti storiche antiche riguardanti la città testimoniano che essa sorgeva al centro di una zona di grande importanza commerciale anche per l'intenso sfruttamento agricolo del territorio, compresa tra grandi villae private e fiorenti municipia.
La documentazione epigrafica ci consente di seguire gli sviluppi del municipio fino alla prima metà del IV sec., quando cessa ogni testimonianza. Una delle cause certe della decadenza del sito fu il progressivo spostamento, a partire dal II sec., dei traffici commerciali sul ramo orientale della Flaminia, quello passante per Terni e Spoleto. Non sappiamo se Carsulae decadde lentamente o fu abbandonata repentinamente, magari in seguito ad un violento terremoto del quale sono state trovate le tracce, ma che non sappiamo collocare cronologicamente: certamente il sito fu frequentato almeno fino ad epoca longobarda.
Le indagini archeologiche hanno rimesso in luce le vestigia di una città di una certa importanza, sorta già in età repubblicana, la quale ricevette una nuova pianificazione urbanistica a partire dall'età Giulio-Claudia, ed il cui sviluppo si arrestò nel corso del II sec.
Nella zona orientale della città, verso la montagna, fu realizzato il quartiere degli spettacoli, comprendente il teatro, l'anfiteatro ed altri ambienti annessi, con relative strutture di servizio; per realizzare l'arena venne sfruttata la depressione naturale di una dolina. Il quartiere era collegato alla Flaminia, principale asse viario cittadino, da una strada che veniva a confluire in modo ortogonale ad essa in prossimità del foro. Questo era il centro amministrativo e religioso della città: una piazza trapezoidale introdotta da due archi quadrifronti. Essa era delimitata a Sud da due templi gemelli su alto podio poggianti su sostruzioni voltate utilizzate come tabernae prospettanti sul lato orientale la Flaminia, a Nord da un ambiente absidato probabilmente identificabile con il locale Senato municipale, affiancato da altri ambienti di servizio, ad Ovest da un altro tempio e da alcuni edifici solo parzialmente indagati. Una grande basilica si trovava dirimpetto al foro, al di là della Flaminia.
Di Carsulae finora non sono state scavate le aree abitate, ad eccezione forse di due piccoli isolati, uno compreso tra la basilica e la chiesa di S. Damiano, che sembra parzialmente edificata su di un preesistente edificio romano, ed un altro di fronte a quest'ultima. Pertanto è difficile quantificare l'estensione dell'area abitata: finora non sono state rinvenute tracce di mura urbane, anche se dalle foto aeree si nota una linea di demarcazione netta formante un poligono irregolare allungato che potrebbe in qualche modo delimitare l'abitato antico. Il limite settentrionale della città è certamente rappresentato dall'Arco di S. Damiano, quanto resta di un accesso monumentale a tre fornici lungo la Flaminia: subito al di fuori si estendeva un'area di necropoli della quale sono state parzialmente ricostruite due grandi tombe gentilizie. Un'altra area cimiteriale sembra si estendesse immediatamente dietro al teatro. Un gran numero di capaci cisterne è stato individuato intorno ai principali edifici, in particolare a servizio dell'anfiteatro e delle terme, una struttura solo parzialmente indagata da Ciotti e già oggetto di scavi rapaci nel '700. Quello dell'approvvigionamento idrico deve aver rappresentato un problema per Carsulae, sorta in una zona ricca di acque, anche terapeutiche, ma condizionata dall'orografia carsica del terreno da cui trae il nome.

Gli interventi di conservazione e valorizzazione
L'intento di Ciotti era certamente quello di ricostruire per quanto possibile l'aspetto urbanistico monumentale di una città romana sviluppatasi nei primi secoli dell'Impero e di offrirla ad uso dei turisti facendone una sorta di Pompei dell'Umbria. In realtà il progetto di ricostruzione venne abbandonato a metà e la fama di Carsulae rimase circoscritta all'ambito locale: il sito divenne la meta preferita di scampagnate da parte dei nativi nei fine settimana, quando l'area archeologica era letteralmente presa d'assalto da bancarelle ed automobili arrampicate per ogni dove.
La situazione è cambiata soprattutto da quando Carsulae è stata affidata alle cure del Direttore archeologo della Soprintendenza dott. Paolo Bruschetti e si è cominciato a lavorare al progetto di un parco archeologico che ha usufruito dei finanziamenti dell'Unione Europea. Anzitutto sono stati presi provvedimenti a tutela del patrimonio realizzando la recinzione dell'intera area archeologica, limitando in tal modo l'accesso dei visitatori ad orari prestabiliti attraverso il pagamento di un biglietto. È stato realizzato un parcheggio esterno per autovetture ed autobus, mimetizzato fra gli ulivi, dotato di servizi igienici ed informativi. Sono stati approntati dei percorsi pedonali che consentono un accesso riguardoso al sito e predisposta un'area esterna riservata ai pic-nic. Di concerto con il Comune di Terni, è stato edificato ex novo ai limiti dell'area archeologica un centro di documentazione che si è voluto dedicare ad Umberto Ciotti, comprendente un bar, un'aula didattica e spazi espositivi, ove sono stati allestiti alcuni reperti di carattere monumentale e alcune testimonianze di vita quotidiana, scelti tra i tanti ancora giacenti in magazzino. Inoltre nei locali della cisterna già trasformata in abitazione è stato allestito un piccolo antiquarium, mentre è stata ripristinata la funzionalità della chiesa di S. Damiano, già adibita a magazzino.

Gli scenari futuri
Se dunque per la tutela e la valorizzazione di Carsulae sono stati fatti dei decisi passi in avanti, non altrettanto si può dire dell'indagine archeologica del sito, pressoché ferma da oltre 30 anni a causa soprattutto della cronica mancanza di uomini e mezzi da parte del Ministero dei Beni Culturali.
Una nuova opportunità in tal senso è stata recentemente fornita attraverso i buoni uffici dell'Associazione per la Valorizzazione del Patrimonio storico di San Gemini, la quale dal 1999 opera in stretto contatto con la School of Architecture and Urban Planning dell'Università del Wisconsin - Milwakee, sotto la guida del Prof. Max Cardillo, cui ha affidato il rilievo, l'analisi ed il progetto di restauro della chiesa di S. Giovanni Battista e dell'ex convento degli Agostiniani di Sangemini, nell'ambito di un più vasto studio del tessuto edilizio medievale cittadino. A tale progetto ha collaborato anche l'archeologa Prof. Jane Whitehead dell'Università Statale di Valdosta - Georgia, la quale si è immediatamente appassionata al sito di Carsulae ed ha offerto la propria collaborazione scientifica alla Soprintendenza Archeologica dell'Umbria. Così nella scorsa estate, di concerto con tale Ente e sotto la sorveglianza del dott. Bruschetti, è stata portata avanti da una equipe di studenti americani la ripulitura dell'area già scavata delle terme, in funzione di un possibile nuovo intervento di scavo da effettuarsi nel 2005, per il quale da parte dell'Università americana è in corso la richiesta di concessione al Ministero.
Il sito è particolarmente interessante perché al limite del presunto confine meridionale dell'abitato: l'intento è quello di accertare l'entità e la tipologia delle terme, finora indagate solo parzialmente. In particolare si intende verificare se possa trattarsi di un impianto di valenza terapeutica, magari collegabile ad un culto delle acque salutari, ipotizzato a Carsulae su basi indiziare interpretando la dedica della chiesa ai SS. Cosma e Damiano come la continuazione di un precedente culto ai Castores, localizzabile nei templi gemini del foro.
Già la semplice ripulitura dell'area dalle piante infestanti ha riservato una piacevole sorpresa, svelando la presenza di un breve tratto di muro in opera poligonale di quarta maniera, quasi un opus quadratum, ca. 23 m a Sud della cisterna meridionale a servizio delle terme. Per quanto finora si può vedere, essendo certamente ancora molto interrato, sembrerebbe trattarsi di una sorta di muro di contenimento che insiste perpendicolarmente sopra una specie di fossa: assai interessante è la presenza dei primi gradini di una scala che sembrerebbe scendere dalla Flaminia in direzione parallela al muro, quasi a consentire di raggiungere qualcosa posto in basso. Indubbiamente l'ipotesi più suggestiva è che si tratti di un apparato legato alla presenza di una sorgente o di una fonte a cui si andava ad attingere acqua.
La speranza è senz'altro che il progetto di scavo possa andare in porto, in modo che si possano verificare questa ed altre ipotesi. Dopo i positivi risultati ottenuti dalla collaborazione tra la Sovrintendenza e gli enti locali, ora la conoscenza ed il rilancio dell'immagine di Carsulae potrebbero essere assicurati proprio dall'attivazione di nuove sinergie di livello qualificato con istituti di ricerca nazionali ed esteri.

Bibliografia essenziale
U. CIOTTI, Carsulae, in San Gemini e Carsulae. Milano-Roma : Bestetti, 1976, pp. 9-80.
P. BRUSCHETTI, Carsulae. Roma : Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1995.
A. MORIGI, Carsulae. Topografia e monumenti. Roma : "L'Erma" di Bretschneider, 1997.

 

 

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